Cosa è successo il 18 settembre 2015 che ha trascinato nel baratro la prima casa automobilistica tedesca?
Tolta la Seconda Guerra Mondiale, i tailleur della Merkel e le invasioni barbariche, la Germania, si sa, è considerata da sempre un Paese affidabile! E da un Paese affidabile, che si erge a modello e impone l’austerity a casa degli altri, una notizia così non se l’aspettava proprio nessuno.
Sono giorni ormai che l’affaire Volkswagen occupa le prime pagine dei quotidiani e desta preoccupazioni negli azionisti di tutto il mondo: un’autentica bufera che ruota intorno a un software in grado di analizzare la posizione dello sterzo, le variazioni di velocità e altri dati in modo da capire se l’automobile viene guidata su strada oppure sui rulli di un laboratorio. In presenza di questi ultimi, esso interviene su alcuni parametri del motore e della centralina, limitando le prestazioni e le emissioni di NOx (gli ossidi di azoto). Così facendo, consentirebbe di superare i test che verificano il tasso di inquinamento prodotto.
Il merito di questa scoperta va a un team di cinque ricercatori della West Virginia University, che ha condotto le analisi sulle auto tedesche nel 2014 e che ha mantenuto il riserbo sulla questione per oltre un anno. Secondo le recenti ricerche le emissioni di ossido di nitrogeno sarebbero fino a 35 volte quelle dichiarate dalla casa.
Conseguenze?
11 milioni di veicoli coinvolti nel Dieselgate.
60 milioni di euro, la buonuscita dell’ex CEO Martin Winterkorn, dimessosi dopo l’imbarazzante ammissione di colpa.
18 miliardi di dollari, la multa che rischia negli Usa l’azienda tedesca in aggiunta all’incriminazione da parte del Dipartimento di Giustizia americano per violazione delle norme antismog.
Volkswagen fallirà?
Oltre alle auto con il proprio marchio, il Gruppo controlla Audi, Seat, Skoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche, Ducati e Scania, dando lavoro a oltre 600mila persone. Il governo tedesco è uno dei maggiori azionisti e l’azienda procura dividenti allo Stato. Volkswagen insomma non può fallire.
Appare evidente la caduta di stile della Germania, storico garante di rigidità e correttezza. Dopo i diktat imposti di recente alla Grecia sul rispetto degli impegni presi… viene da chiedersi: ”Possibile che nel team della West Virginia University ci fosse qualche ricercatore di origini greche?”
Un plauso al tuo “usus scribendi” e agli argomenti dei tuoi post, incisivi e mai banali. Per quanto riguarda l’articolo in questione, come consideri l’ipotesi di chi vede un nesso tra TTIP e default VW?
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Innanzitutto grazie per il tuo commento così cortese, ne sono molto felice. Per quanto riguarda TTIP e Volkswagen c’è chi pensa che il tempismo con cui sia uscito lo scandalo e l’approvazione del patto siano collegati…
Nelle trattative di definizione del trattato, la Germania rappresenta un osso duro da convincere… I Tedeschi sono convinti che una tale apertura nei confronti dell’America possa solamente indebolire l’economia europea…
Proprio la Germania che ha puntato tutta la sua struttura economica degli ultimi anni sulle esportazioni verso la Cina, ora si oppone apertamente ad un trattato che abbatterebbe i dazi…
Credo che ci sia troppa asimmetria informativa per farsi un’idea chiara sull’argomento… Tu cosa ne pensi?
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Non v’è certezza che tra scandalo VW e TTIP ci sia correlazione, ma siccome uno dei punti salienti del Trattato verte sull’armonizzazione delle emissioni inquinanti, la falla tedesca potrebbe rallentarne il debutto. Che questo effetto sia un male? Chi può dirlo…
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