Già essere ricchi è un casino, figuriamoci se non avete nemmeno una laurea in econometria applicata ai mercati finanziari per barcamenarvi nel mondo degli investimenti. Tra tutti i modi di complicarsi la vita, quello di seguire in modo giornaliero gli andamenti dei prodotti finanziari dichiaratamente di lungo periodo è sicuramente il più cruento – una specie di combo tra la tortura della goccia cinese e il nuovo singolo di Gigi D’Alessio sparato a tutto volume in macchina.
Eppure vi siete mai chiesti come mai quando i mercati hanno trend negativi le cose sembrano andare sempre peggio? Un po’ come quando dopo 30 anni di matrimonio subentra la routine e vostra moglie vi sembra più brutta di sempre. Funziona più o meno così.
Proviamo a partire dall’inizio.
Secondo la teoria di portafoglio classica, il modello media-varianza di Markowitz, la scelta dei pesi percentuali da assegnare ad ogni titolo in portafoglio deriva solo ed esclusivamente dall’ottimizzazione matematica di un problema:
dove è il vettore contenente i pesi di ciascun titolo nel portafoglio, è il vettore unitario composto solo da elementi pari a 1, è il vettore dei rendimenti attesi dei portafogli di mercato e la matrice è quella delle varianze e delle covarianze dei rendimenti.
Il suddetto modello presuppone inoltre una distribuzione normale dei rendimenti.
Tuttavia se diamo uno sguardo alla realtà, risulta uno scenario poco credibile. Non basta massimizzare un semplice sistema matematico per operare delle scelte di investimento perfette.
La variabile da minimizzare è la volatilità, che rappresenta la variabilità di un valore o di un indice finanziario calcolata in un determinato intervallo di tempo, nello specifico l’incertezza presente sui mercati finanziari, ma si trascura la volontà e le intuizioni dell’investitore e non garantisce una buona performance in termini di rendimento.
L’evoluzione del modello media-varianza necessita dell’implementazione di un contributo empirico ed è stato messo a punto dall’economista Black nel 1991.
Il modello Black sancisce la caduta dell’ipotesi di normalità dei rendimenti: le serie storiche sono caratterizzate da distribuzioni lepcurtiche, cioè la volatilità tende ad aumentare quando si verificano eventi che aumentano l’incertezza sui mercati finanziari.
Quindi quando i mercati diventano nevrotici e i trend sono tutti a testa in giù, il pessimismo sembra dilagare… e non c’è nulla di strano, è tutto spiegato matematicamente.
Nelle strategie di asset allocation, bisogna comunque tener sotto controllo la volatilità di tutti gli strumenti in portafoglio, perché il rischio complessivo del basket potrebbe comunque essere ridotto dai benefici della diversificazione.
Mandelbrot (1963) e Fama (1965, 1970) sono stati i primi teorizzare la distribuzione lepcurtica, ciòè i rendimenti non si distribuiscono come una classica gaussiana, cioè vicini vicini alla media, ma hanno delle code più robuste.
Quando un’attività finanziaria fa movimenti che tendono al ribasso allora la sua volatilità è maggiore rispetto ai momenti in cui la medesima ha movimenti che tendono al rialzo. Questo perché un investitore, tendenzialmente avverso al rischio, percepisce movimenti al ribasso come un pericolo per se stesso e cerca di arginare tale pericolo. Le cattive notizie producono una volatilità maggiore rispetto a quella prodotta dalle buone notizie. Questo fatto prende il nome di “effetto leva”. (Black 1976)
Conclusioni? Vostra moglie non è più brutta… è tutta colpa della routine!
Elisabetta Massa per Investors.