Un pomeriggio del 1821, William Hart, stanco di riparare rivoltelle, andò in un campo e scavò una buca.
Ancora non sapeva che avrebbe fatto la fortuna degli Stati Uniti d’America.
Il pioniere , che viveva in un piccolo paesino al confine occidentale dello stato di New York, si accorse che le terre dei vicini indiani emanavano gas. Decise così di estrarlo, dando il via ad una vera e propria rivoluzione energetica.
Hart non poteva immaginare che il gas naturale sarebbe diventata la fonte che avrebbe portato gli USA all’indipendenza energetica.
L’amministrazione Obama si è impegnata ad estrarre petrolio e gas da scisti, che si trovano nei sedimenti rocciosi.
Fino al XX secolo venivano usate le trivellazioni e gli esplosivi, oggi invece si utilizza la tecnica della fratturazione idraulica.
Ovviamente l’America non è l’unica ad avere depositi di petrolio e gas, ma è uno dei pochi Paesi a possedere tecnologia, risorse e volontà da parte del governo di eseguire le estrazioni.
Dal 2007 al 2012 la produzione di gas negli Stati Uniti è decuplicata (aumentata 10 volte), trasformando il Paese da importatore ad esportatore netto di risorse energetiche.
L’estrazione del gas da scisti comporta comunque dei rischi, tra cui la cattiva gestione dei pozzi, l’inquinamento delle falde acquifere e i movimenti sismici.
Vantaggi ce ne sono? Aumento del consumo domestico, maggiore competitività delle società con accesso all’energia a basso costo, passaggio da importatore ad esportatore netto con conseguente rafforzamento del dollaro, possibile deflazione, in quanto la fornitura cesserebbe di dipendere da prezzi fissati dai mercati esteri, crescita economica diffusa.
William Hart non poteva certo immaginare l’indipendenza energetica degli Stati Uniti quando, pala alla mano, cominciava la sua avventura scavando una buca profonda otto metri.
Elisabetta Massa