Prima dell’estate sono stata ad una riunione tenuta da Confindustria nella quale si discuteva sull’importanza di internazionalizzare le piccole e medie aziende italiane, al fine di allargare il business e gli orizzonti di investimento. In particolare tra gli ospiti c’era il Presidente della Confindustria serba, una bambola bionda con gli occhi azzurri, che se fossi stato un maschietto avrei aperto una succursale dall’altro lato dell’Adriatico solo per invitarla a cena. La cosa che mi ha sconvolto di più è stata la semplicità della burocrazia, ma soprattutto la differenza di tassazione esistente tra noi, il Belpaese e loro.
In questo grafico fighissimo, elaborato da truenumbers.it, sono riportate le aliquote fiscali di un gruppo di paesi, tra cui l’Italia. Secondo i dati di Eurostat, negli ultimi due decenni le tasse sarebbero addirittura diminuite, in tendenza. L’Italia è quasi sul podio dei paesi più sfigati e tassati. Quarta posizione.
Nel 1996 le imprese erano tassante mediamente il 35% mentre oggi la tassazione di assesta al 22.8% come media europea.
Certo il tutto è legato a doppio filo col crollo del Pil.
Un taglio significativo c’è stato soprattutto nei paesi dell’Est come la Slovacchia, la Repubblica Ceca e la Romania.
Nel vecchio continente l’unica nazione ad aumentare le imposte è stata la Francia.
La buona notizia è che negli anni 90 l’Italia era tassata circa al 53% mentre ora “solamente” il 31,4%. Un socio con cui spartire i guadagni.
In tutto questo discorso è stata tralasciata ovviamente l’Iva. E purtroppo non si parla della Zanicchi.
Elisabetta Massa