Domenica Primo Novembre si sono svolte le elezioni presidenziali in Arzebaijan.
A questo punto sorgono un paio di domande di rito:
- Chi ha vinto?
- Perché dovrebbe interessarmi?
- Ma dove sta l’Arzebaijan???
Andiamo per gradi.
Il candidato presidente del partito di maggioranza è Ilham Aliyev ed ha un curriculum di tutto rispetto: vizio del gioco, brogli elettorali, corruzione e concussione.
Secondo i risultati, al 91% dei voti scrutinati, il partito in vantaggio sarebbe proprio quello del presidente, con una percentuale di preferenza del 75% e il resto ai partiti indipendenti che sostengono Aliyev.
Non ci sono dubbi dunque su chi vincerà alla chiusura delle urne. Nessuno li ha, nemmeno i partiti dell’opposizione, tanto che questi ultimi hanno deciso di boicottare le elezioni.
Stavolta sembra che le operazioni di voto si siano svolte regolarmente, senza brogli apparenti, nel rispetto delle regole.
Il problema maggiore, infatti, non è come andata la votazione, ma cosa è avvenuto durante la campagna elettorale. Il Governo, secondo le accuse delle organizzazioni internazionali dei diritti umani, ha compiuto una grave censura, arrestando numerosi giornalisti, attivisti, famosi dissidenti. Strozzando la libertà di stampa e di espressione.
Ma dove sta l’Arzebaijan? Se non fosse per la posizione strategica che occupa nello scacchiere del Caucaso e per la nuova e aggressiva politica estera intrapresa dal Cremlino, deciso a reimporre la sua influenza nelle repubbliche ex sovietiche; se non fosse per le sue grandi riserve di petrolio e gas, e per la decisione dell’Europa di vedere il gas azero come una grande opportunità per alleviare in parte la dipendenza energetica dalla Russia, probabilmente il voto di ieri sarebbe passato totalmente inosservato.
Perché dovrebbe interessarmi? Gli Azeri si sentono molto più vicini alla cultura europea rispetto a quella russa e non hanno intenzione di tornare ad esserne un satellite. Allo scopo di prenderne le distanze continuano a rafforzare rapporti commerciali con gli stati europei.
L’Europa corre in bilico tra il rispetto dei diritti umani troppo spesso calpestati e gli accordi commerciali ed economici della realpolitik. Da un lato persevera nel criticare le violazioni dei diritti umani e preme per un cambiamento democratico più rapido. Dall’atro è perfettamente consapevole che la correzione di rotta richiederà tempo e che, comunque, allontanare l’Azerbaijan dalla sua orbita significherebbe rinunciare in parte al sogno di affrancarsi dalla servitù energetica russa.
E l’Italia? Con in Belpaese le relazioni sono eccellenti. Nel 2011 e negli anni successivi, quando la guerra civile contro Muammar Gheddafi ha quasi azzerato le esportazioni di greggio dalla Libia, l’Arzebaijan è divenuta infatti il primo fornitore petrolifero dell’Italia. L’Interscambio tra i due Paesi si aggira oggi sui 6 miliardi di euro. Non solo. Il gasdotto Tap (Trans adriatic pipeline) che attraversa Grecia e Albania per arrivare sulle coste pugliesi dovrebbe portare, entro il 2020, 10 miliardi di metri cubi di gas azero. Consentendo al nostro paese di candidarsi come un potenziale hub energetico.
In cambio l’Arzebaijan chiede un ruolo dell’Europa più attivo nei negoziati affinché il Nagorno Karabakh, il territorio perduto durante una sanguinosa guerra con l’Armenia, terminata nel 1993, ritorni ad essere parte integrante dell’Azerbaijan.
Armenia e Azerbaijan sono di fatto ancora in stato di guerra. Non si può dunque escludere che possa scoppiare un nuovo conflitto. Se poi si aggiunge l’aggressiva politica estera russa in Crimea, e le pressioni dell’Iran dalla frontiera meridionale, e le ambizioni della Turchia, il quadro è completo!
Elisabetta Massa