Ma chi l’ha detto che sarà di nuovo un 2008?

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In genere gli analisti si dividono in due categorie: quelli che sottovalutano la situazione e quelli che credono ad un’imminente fine del mondo. Non c’è una via di mezzo. Come le donne coi vestiti: o tuta e sneakers o tacchi e abito lungo.

Da qualche giorno serpeggia nell’aria il sospetto che siamo all’alba di un nuovo 2008. Vi ricordate?

La Grande depressione. Recessione, bolla immobiliare, mutui subprime, derivati tossici, tassi alle stelle. Un crollo strutturale che nemmeno il chirurgo di Alba Parietti avrebbe potuto arginare.

Oggi con i listini in rosso e il sospetto di un mercato orso, c’è chi azzarda analogie con la crisi ormai superata e dimenticata. Vediamo se si tratta dello stesso cliché:

  • La crisi del 2008 era localizzata geograficamente in America, oggi, gennaio 2016, gli Usa rappresentano uno dei pochi stati del mondo a non essere in recessione;
  • Gli anelli deboli della catena sono Cina e Brasile, una ha rallentato i tassi di crescita dal 20% al 6,9% (vi ricordo che l’Italia cresce dell’1,6% all’anno) e l’altra è nel caos totale;
  • Nel 2008 le banche centrali erano nel pieno di una forte politica restrittiva, tassi alle stelle che strozzavano i debitori e li spingevano al fallimento, oggi tutte le banche centrali mondiali, tranne la Fed che fino ad ora non aveva motivo di farlo, stanno attuando una politica di tassi a zero per facilitare l’accesso al credito;
  • Nel 2008 i debiti pubblici erano alle stelle, oggi sono aumentati ulteriormente ma sono migliorati i fondamentali, quindi i tassi sono più sostenibili (ricordate i titoli di stato italiani che rendevano anche il 6%? Ecco, oggi rendono meno di un terzo…)
  • Oggi rispetto al 2008 è cambiata la normativa a tutela del consumatore, quindi tutte le dinamiche descritte nei film come “The Wolf of Wall Street” e simili, non sono più attuabili… nessuno può sottoscrivere derivati tossici senza esserne consapevole… (vedi Banca Marche e colleghe);
  • Alle banche è stato imposto un sistema di ricapitalizzazione più rigido, aumento dei margini di accantonamento obbligatorio, ecc. che rendono una crisi sistemica più difficile.

Il problema quindi non è sul fronte bancario, molto più sostenuto dalle banche centrali e regolamentato dai legislatori… il rischio contagio è dovuto al fatto che la crisi si è sviluppata nei paesi emergenti, da sempre molto attraenti per gli investitoti occidentali, tassi di crescita elevati e ottimi rendimenti… Nel momento in cui questi mercati subiscono una flessione, il fly to quality innesca una spirale perversa che porta una fuga di capitali nonostante le perdite di denaro.

Elisabetta Massa

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